lunedì 28 novembre 2011

io e te, Ammaniti

Ammaniti è veramente bravissimo a scrivere in maniera pulita e accattivante. E avrà chissà quanto materiale interessante sull’infanzia e l’adolescenza problematiche, casi clinici, casi umani, casi che diventano racconti lunghi. Credo sia in grado di scrivere un racconto lungo che diventa libro (mettendo insieme ancora un ragazzino chiuso in un buco e una piccola vicenda con finale scontato) nel tempo in cui gli altri bevono un caffé. E’ esattamente l’impressione che ho tratto leggendo in meno di un’ora Io e te e chiedendomi perché l’abbia scritto. Evitando di darmi la risposta.

P.S.: bruttissimo il titolo

Sardinia Blues, Flavio Soriga

Ecco ci siamo, ho preso il libro per curiosità televisiva (cfr. ospitate da Geppi Cucciari) e ho cominciato a sfogliarlo con una certa diffidenza; anche qui mi aspettavo, come in tanta, troppa narrativa italiana maschile contemporanea, la solita solfa: “un odioso e maschilissimo io narrante che racconta di se stesso alle prese con improbabili donne belle e cattive (al presente) e una mitica e fallocentrica adolescenza (al passato)”. In questa romanzo invece (oltre la solita cosa dei maschi che fanno gruppo facendo cose sbagliate, soffrendo (?) per amore e procurandosi sesso fine a se stesso) ci sono degli spunti lasciati cadere con leggerezza qua e là, spunti che fanno la differenza: su tutti una bellissima figura materna e un piccolo diario di tormenti ospedalieri che strappa l’applauso.

mercoledì 23 novembre 2011

XY, Sandro Veronesi

La delusione di non trovare una soluzione all’enigma è direttamente proporzionale alla qualità della narrazione.
Ma che soluzione non ci sarebbe stata lo si capisce quando ben presto la trama devia dalla questione dell’irrazionalità dell’evento scatenante (lo squalo estinto da duecento anni... bum!) e limpidamente si addentra nella psichiatria e nel duetto fede-scienza.
Le idee sono tante e la carne al fuoco avrebbe consentito un’opera monumentale; invece l’autore sceglie di levigare talmente tanto da cadere nell’irrisolto. Peccato! O forse la brevità e la leggerezza necessarie per non annoiare il lettore sono ormai un must dell’industria della narrazione?
Il romanzo alla fine è quasi didascalico nel suo essere consolatorio.
Al male non c’è soluzione o spiegazione. Per quanta forza tu possa dispiegare per contrastarlo.
Scritto benissimo: inquietante e quasi horror e invece anche lieve e intrigante.
Ma soprattutto: molto, molto religioso.

P.S. (attenzione spoiler): un sentito ringraziamento all’autore per averci evitato (pur essendoci andato abbastanza vicino) la banalità della vicenducola sentimentale fra il prete e la dottoressa!

martedì 22 novembre 2011

Rosso Floyd, Michele Mari

Alla fine mi sono decisa a procurarmi un libro il cui titolo mi era apparso diverse volte come consiglio di lettura fra un sito e l’altro (quei siti internet che frequento nelle mezzore buche, con l’idea patetica e stanca di trovarci un’ancora di salvezza alla noia di queste giornate di lavoro insensate).
Non so perché abbia tardato tanto, poco attratta dal titolo: ma come è possibile? Dico davvero, come è possibile che non abbia capito dal titolo di che cosa parlasse? E’ che non avevo mai letto una riga di più nelle segnalazioni. “Rosso Floyd” mi evocava invece, per inconsapevoli e fallaci associazioni mentali stratificatesi in anni di frequentazioni di narrativa italiana contemporanea, un contenuto più o meno così: un odioso e maschilissimo io narrante che racconta di se stesso alle prese con improbabili donne belle e stronze (al presente) e una mitica e fallocentrica adolescenza con la colonna sonora dei Pink Floyd (al passato).
Invece questo libro è un tentativo irrisolto di raccontare i Pink Floyd come in un processo, chiamando a testimoniare protagonisti, musicisti, amici, familiari, personaggi delle loro canzoni.
Testimonianze frammentarie, sfoghi, lamenti, sogni, invettive, bugie, desideri, rimorsi, illusioni.
Una rappresentazione pirandelliana affascinante, misteriosa, spesso inquietante, a servizio di una leggenda.
Così mi sono lasciata invadere e ho trascorso ore a riascoltare i brani citati che già conoscevo superficialmente come hit celebrate dalle moltitudini, e poi andare a scovare su You tube quelli che non conoscevo, tirarsi giù i testi, cercare il dettaglio: una specie di viaggio; sono stata imbambolata per giorni con quella musica in testa complessa, evocativa e tristissima.
Mi chiedo quanto sia stato l’effetto della superiorità artistica dei Pink Floyd e quanto la capacità narrativa di Michele Mari che con questo libro originale e appassionato ha confezionato una piccola trappola emotiva.

mercoledì 13 luglio 2011

ternitti, desiati

Divido il contenuto dalla forma. La scelta del primo è lodevole: emigrazione, desolazione economica del sud di Italia, morti bianche, forza delle donne, fragilità ed egoismi degli uomini.
Apprezzabile poi la scelta del punto di vista femminile, lo sforzo di mettere al centro della scena un bel personaggio come quello di Mimì, ma è una sfida difficile che non viene vinta fino in fondo: Mimì ragazza è sicuramente più poetica e azzeccata, Mimì donna invece ha un che di artificioso, si sente il lavoro di mettere nel personaggio i simboli, si perde la verità.
C’è un altro aspetto che non convince: il racconto non è fluido, procede per immagini, celebrazioni di paesaggi e piccoli episodi (a volte quasi folklore paesano); l’idea che si fa il lettore è che nella composizione del romanzo si sia fatto un puzzle di varie suggestioni che prese una alla volta sono ottime prove d’autore ma nell’insieme restano slegate, non raggiungono quella armonia necessaria per parlare di “romanzo” più che di esercizio narrativo.
Sullo stile poi: la metafora è noiosa e la lingua, barocca per scelta campanilistica, resta comunque barocca nel senso peggiorativo del termine.

martedì 21 giugno 2011

L'energia del vuoto, Bruno Arpaia

Probabilmente le parti migliori di questo libro sono quelle che tentano la divulgazione scientifica: ma è a causa del fascino dei concetti sfuggenti della fisica contemporanea. La annunciata compenetrazione tra romanzo e scienza risulta invece non riuscita, tanto è vero che i contenuti relativi a relatività e quantistica e teorie sul tempo e sull'universo sono proposti al lettore ricorrendo all’espediente di lezioni universitarie facilitate o spiegazioni personalizzate a uso e consumo di una giornalista neofita e curiosa.
Intorno a questa divulgazione l’autore tenta di costruire un intrigo interessante a metà strada tra Crichton e Dan Brown senza raggiungere mai un livello di tensione sufficiente e anzi pasticciando con elementi di trama che restano o irrisolti o proprio incomprensibili. Il finale stesso è troppo veloce, quasi inconsistente.
I personaggi che gravitano intorno al Cern sono una folla confusa e i “cattivi” fanno meno paura dei terroristi di Checco Zalone.
La giornalista (che dovrebbe assumere su di sé lo sguardo del lettore esterno e curioso) è appesantita da una sfumatura erotica cacciata dentro solo per rendere più intrigante la storia.
C’è un tentativo di approfondimento psicologico nei rapporti fra il fisico Emilia e il marito misteriosamente fuggiasco; un tentativo appunto.
Non è sbagliata l’idea di sparigliare la sequenza temporale, a suggerire le idee più avanzate sull’esistenza o meno del concetto di tempo come flusso; ma il risultato sul piano narrativo non decolla e finisce col rendere tutto ancora più confuso, quasi fastidioso.
Se la trama è sciatta, purtroppo il vero disastro è la lingua: metafore poetiche banali e aggettivazioni da diario adolescenziale.
Come è possibile che questo romanzo sia nella cinquina dello Strega?

giovedì 5 maggio 2011

Libertà, Franzen

Libertà è un romanzo troppo lungo e complesso per essere ridotto a un commento di poche righe. Il marchio di “capolavoro” non giova. E’ un tentativo onesto e appassionato di mettere in scena un decennio e i suoi protagonisti, i loro miti e le loro illusioni: questi, pur essendo caratteristica di un numero ristretto di abitanti del pianeta (middleclass bianca statunitense), finiscono per influenzare, corrompere e rappresentare molte più persone che di quel contesto socioculturale si nutrono tramite televisione e cinema.
Tocca vette di alta introspezione psicologica quando ci racconta i tormenti, gli amori e gli errori dei personaggi principali, diventa un po’ piatto quando deve esporre tesi politiche e ambientaliste.
In ogni caso è un romanzo “ricco” di contenuti e di proposte di discussione, attraversato da un coinvolgimento sincero, scritto meravigliosamente, umile e bello nell’omaggio a Guerra e Pace che lo attraversa da cima a fondo, interessante nel suo essere spesso una vera e propria fiction televisiva (ma nel caso delle fiction americane è un merito di queste ultime non un demerito del romanzo).
Strano come ancora una volta appaia azzeccata l’idea di partire dal microcosmo di un matrimonio per raccontare la Storia.
Lettura inevitabile.

lunedì 2 maggio 2011

Non siete Stato voi, Caparezza

Non siete Stato voi che parlate di libertà
come si parla di una notte brava dentro
i lupanari.
Non siete Stato voi che
trascinate la nazione dentro il buio
ma vi divertite a fare i luminari.
Non
siete Stato voi che siete uomini di
polso forse perché circondati da una
manica di idioti.
Non siete Stato voi
che sventolate il tricolore come in
curva e tanto basta per sentirvi patrioti.
Non
siete Stato voi né il vostro parlamento
di idolatri pronti a tutto per ricevere
un’udienza.
Non siete Stato voi che
comprate voti con la propaganda ma
non ne pagate mai la conseguenza.
Non
siete Stato voi che stringete tra le
dita il rosario dei sondaggi sperando
che vi rinfranchi.
Non siete Stato
voi che risolvete il dramma dei disoccupati
andando nei salotti a fare i saltimbanchi.
Non
siete Stato voi. Non siete Stato, voi.
Non
siete Stato voi, uomini boia con la
divisa che ammazzate di percosse i
detenuti.
Non siete Stato voi con gli
anfibi sulle facce disarmate prese
a calci come sacchi di rifiuti.
Non
siete Stato voi che mandate i vostri
figli al fronte come una carogna da
una iena che la spolpa.
Non siete Stato
voi che rimboccate le bandiere sulle
bare per addormentare ogni senso di
colpa.
Non siete Stato voi maledetti
forcaioli impreparati, sempre in cerca
di un nemico per la lotta.
Non siete
Stato voi che brucereste come streghe
gli immigrati salvo venerare quello
nella grotta.
Non siete Stato voi col
busto del duce sugli scrittoi e la
costituzione sotto i piedi.
Non siete
Stato voi che meritereste d’essere
estripati come la malerba dalle vostre
sedi.
Non siete Stato voi. Non siete
Stato, voi.

Non siete Stato voi che
brindate con il sangue di chi tenta
di far luce sulle vostre vite oscure.
Non
siete Stato voi che vorreste dare voce
a quotidiani di partito muti come sepolture.
Non
siete Stato voi che fate leggi su misura
come un paio di mutande a seconda dei
genitali.
Non siete Stato voi che trattate
chi vi critica come un randagio a cui
tagliare le corde vocali.
Non siete
Stato voi, servi, che avete noleggiato
costumi da sovrani con soldi immeritati,
siete
voi confratelli di una loggia che poggia
sul valore dei privilegiati
come voi
che i mafiosi li chiamate eroi e che
il corrotto lo chiamate pio
e ciascuno
di voi, implicato in ogni sorta di
reato fissa il magistrato e poi giura
su Dio:
“Non sono stato io”.

venerdì 15 aprile 2011

Gli incendiati, Antonio Moresco

Una lingua plastica e potente, una mirabile capacità evocativa, una immaginazione tra il profetico e il vecchio saggio... a servizio di una specie di fumetto apocalittico splatter che fa tanto pensare (nei dialoghi e nel modo di muoversi dei personaggi) al Kill Bill di Tarantino. Qualche idea forte (la guerra dei morti contro i vivi, la visione politica del concetto di schiavitù, la collocazione geografico/storica dell'apocalisse finale) non riscatta la pesantissima polpetta erotica e fallocentrica che anima il rapporto fra i due protagonisti. Mah!

giovedì 7 aprile 2011

7 aprile

No, no!... Sveglia! Nell’era successiva!
Spezza, corpo, quest’aura riflessiva!
Bevi, petto, la nascita del vento!
Una freschezza, dal mare esalata,
Mi rende l’anima... O forza salata!
Corriamo all’onda, a uscirne via vivendo!

Il cimitero marino,

mercoledì 6 aprile 2011

l'uomo verticale, davide longo

Splatter apocalittico. Stile molto molto Cormac McCarthy. Atmosfera maschile. Narrazione espertissima. Più interessante la prima parte per la sapienza con cui vengono descritti i piccoli particolari che vanno sgretolando granello dopo granello la vita così come tutti siamo abituati a concepirla nella nostra opulenta e autoreferenziale società occidentale, con i semi della violenza e dell’orrore già tutti presenti e in equilibrio così miracolosamente precario.

martedì 5 aprile 2011

bambini bonsai, paolo zanotti

Tutti siamo stati bambini e tutti, di facciata, abbiamo la necessità di credere agli stereotipi zuccherosi color pastello, ma sappiamo bene che ogni tentativo di definizione e racconto dell’infanzia è parziale, oppure manipolatorio, troppo mediato da riflessioni successive, frutto di proiezioni postume, alla fine lievemente fastidioso.
Nessun fastidio invece ho provato a leggere Bambini bonsai, romanzo di difficile definizione. Fantascienza apocalittica: il mar Ligure è ridotto a una putrefatta discarica oleosa; l’ecosistema, non si sa bene come, si regge senza più fauna; gli umani si inventano una esistenza aggrappata “aggiunta” su “aggiunta” a simulacri architettonici senza più significato; il clima impazzito rovescia sulle città pioggia violenta che costringe gli adulti al letargo e spalanca invece ai bambini una parentesi di gioco e anarchia, avventura e sogno.
Durante una di queste parentesi Pepe esce sotto la pioggia e vive strane, bizzarre, magiche avventure di formazione e poesia, di dolore e amicizia: la trama è imprevedibile e astrusa e insieme meravigliosa come un gioco di bambino lasciato a se stesso che va appoggiando ad ogni invenzione una invenzione ancora più bizzarra e surreale, incongruente e vitale, così, proprio come quei sentieri del mago di oz che mi si dipanavano sotto i piedi fra le coperte di bambina.
Per quanto sia automatico cercarsi metafore e significati pedagogici e edificanti, il messaggio resta in secondo piano rispetto alla libertà della fantasia e agli echi cupi di ogni fiaba del mondo e di tutti i tempi che sembrano rincorrersi pagina dopo pagina.
Bellissimo.

mercoledì 16 marzo 2011

Cristiano de Majo, Vita e morte di un giovane impostore scritta da me, il suo migliore amico

Per chi crede che la lettura di un romanzo possa essere una avventura intellettuale e un gioco disilluso, un amo lanciato un po' più lontano in mezzo a un mistero, nella geometria sfuggente di una narrazione multidimensionale. Inquietante, farsesco, intelligentemente demenziale, geniale!

martedì 15 marzo 2011

muccino di baciami ancora

Un po’ scanzonato, un po’ agrodolce, il film di Muccino si impegna addirittura a descrivere le delusioni e gli amori dei quarantenni. Pochi quarantenni a dire il vero, una fettina di mondo, proprio una sottilissima fettina, ma tant’è: questa fettina di universo riempie i film italiani di successo e resta il riferimento per tutta una schiera di cineasti nostrani che coerentemente, anzi in ritardo rispetto alla narrativa contemporanea, fa’ una cosa sola: racconta se stessa.
Tuttavia la manciata abbondante di luoghi comuni contiene tante verità e la confezione è gradevole, mai noiosa, efficace nel suo genere, di gran livello per qualche attore (Favino per esempio) e soprattutto, quasi uno sforzo intellettuale rispetto ai manuali d’amore di veronesi.
Se è banale l’operazione tutta, è banale anche il tentativo di trarre una sintesi pedagogica (voluta o non voluta chissà): la vita crediamo dovrebbe rispondere ai nostri sogni e invece, il disordine dei giorni, l’accavallarsi di bisogni, il caso stupido e cieco spazzano via tutto... però una cosa si salva e ci salva (sempre quella, in ogni romanzetto, canzonetta, filmetto): l’amore. Allora l’insopportabile protagonista di Accorsi vince il suo premio finale riprendendosi la moglie (nonostante irresponsabilità e fughe costanti) e il personaggio di Impacciatore viene punita per aver fatto prevalere la cinica ragione e aver difeso un equilibrio conquistato (facendosi il mazzo) dall’invasione confusa di un amore immaturo e depresso.
Naturalmente non condivido la bugiarda filosofia del va’ dove ti porta il cuore. Né condivido gli stereotipi cui i personaggi femminili si adeguano ancora una volta: gravidanze desiderate, mancate o impreviste che sbloccano all’improvviso situazioni bloccate o ridanno slancio all’esistenza. Solo questo il ruolo delle donne: gravidanze, maternità, genitalità, genitorialità. Che palle!

mercoledì 9 marzo 2011

se consideri le colpe, andrea bajani

E' bellissimo: è breve ma intenso, è un racconto sociale ma è anche un racconto intimo, è realistico ma ha momenti di lirismo dolcissimo, sembra che accada poco e invece ti tiene sulle spine della vicenda tutto il tempo, narra un pezzo di storia europea ma scava nel profondo di un dramma familiare piccolissimo, parla di un bambino ma anche di una donna, parla di economia ma parla anche di amore. Avercene!

lunedì 28 febbraio 2011

I traditori, De Cataldo

Fedele al suo stile (cfr. complottismo e New Italian Epic) De Cataldo traduce Romanzo criminale in chiave risorgimentale. Coralità dei personaggi che all’inizio si presentano in ordine sparso, disorientano, forse anche scoraggiano al proseguimento della lettura. Via via però la passione ti prende, e che passione!: il Risorgimento come impasto di ingredienti i più diversi non può che portare a un pasticcio e ancora ne paghiamo il conto.
Sesso, mafia, amore, real politik, tradimento, avventura, sangue, ricchi e poveri, illusi e cinici, romantici e delinquenti, mezze streghe e idealisti, padri della Patria e comunisti: un feuilleton nel quale scegliere il proprio personaggio preferito e sentirsi parte attiva, perché è la Nostra Storia che si sta mettendo in scena.

lunedì 3 gennaio 2011

D'avenia, Bianca come il latte rossa come il sangue

Il Moccia di Comunione e Liberazione...