lunedì 27 dicembre 2010

viva l'italia e happy family

Tra natale e santostefano ho terminato la lettura del libro di Aldo Cazzullo. Non si può farne una recensione. Non è un romanzo e non ha alcuna velleità letteraria. E’ un libro di storia, di lettura scorrevole e, a tratti, appassionante. Non so se l’obiettivo fosse convincerci che valga la pena ritrovare in se stessi un po’ di amore patrio. Con me non c’è riuscito. Ho superato il punto di non ritorno.

Poi ho anche guardato Happy Family di Salvatores. Sono andata subito a cercare le recensioni in rete per capire che cosa non avevo capito e non ho capito. A me è sembrata una boiata pazzesca: un vuoto ben confezionato. Neanche mezza risata: le battute di Abbatantuono? Le mossette di De Luigi? E poi io ci abito a Milano e a che serve ridisegnarla con il computer per farla apparire bella e luminosa, a chi serve questa finzione?

per fortuna natale è andato

venerdì 10 dicembre 2010

nel mare ci sono i coccodrilli, fabio geda

Ho finito di leggere Nel mare ci sono i coccodrilli in piena notte. Non è molto diverso da Per il resto del viaggio ho sparato agli indiani. Ha questa forza leggera, questa freschezza, questa volontà, questo sorriso nella tragedia, questo valore aggiunto rispetto ai polverosi drammi borghesi nei quali si accartoccia la nostra migliore letteratura, questo valore aggiunto che è semplicemente un livello più alto dell’orizzonte sul quale posare lo sguardo.

lunedì 6 dicembre 2010

la vita oscena, aldo nove

Nella terra di mezzo fra poesia e racconto Aldo Nove dà voce a ricordi spezzati, frammenti di immagini di infanzia, infinito dolore. Che possiamo saperne di che cosa voglia dire la condizione di orfano, noi che, coetanei dell’autore, abbiamo invece avuto genitori modesti e soffocanti, banali e presenti, dei quali abbiamo fatto e facciamo tuttora fatica a liberarci?
La prima parte del breve romanzo ci lascia quindi muti e rispettosi, in ascolto.
A un certo punto però la disperazione dell’io narrante comincia a scegliersi strade autodistruttive e il racconto diventa il resoconto di una liturgia “maledetta”: droga per morire, sesso per distruggersi.
Ora, va detto che nell’epoca del “bunga bunga” istituzionale e del porno amatoriale a portata di mouse in tutte le case, non saranno certo i quadretti quasi comici di triangoli sadomaso, di prostitute grasse e puzzolenti di ragù, di coppie annoiate e di quelle due o tre classiche variazioni sul tema dell’inserimento che potranno ormai, non dico scandalizzare, ma neanche provocare un brividino di partecipazione carnale. Allora il lettore è costretto a sfrondare, si libera delle immagini hard come da fastidiosi sovrappiù e cerca nei piccoli capitoli un senso ulteriore nascosto sotto lo sperma che cola a fiumi e che cosa trova? Non saprei.
L’intento dell’autore era quello di offrire un catalogo spoglio e una associazione fra fruizione della merce e fruizione del piacere? E’ uno spunto che resta un po’ vago.
L’idea portante, ossia quella di una sorta di discesa agli inferi con relativa palingenesi, non si sviluppa, non si capisce il punto di non ritorno che provoca la risalita, probabilmente cripticamente affidato alla visione allucinata di un parto.
Così restano l’empatia per la sofferenza, l’apprezzamento per il poeta, l’immutata fiducia per il vertiginoso autore di capolavori come Amore mio infinito, ma una certa freddezza per questa piccola opera. Per giunta, questa idea di un io narrante che vuole morire ma prima si fa il giro delle sette chiese del sesso sfrenato l’avevamo già vista in un romanzo di grande spessore proprio da parte di un autore molto vicino ad Aldo Nove, ossia in Che cosa hai fatto di Raul Montanari. Chi ha passato l’idea a chi?