mercoledì 13 luglio 2011

ternitti, desiati

Divido il contenuto dalla forma. La scelta del primo è lodevole: emigrazione, desolazione economica del sud di Italia, morti bianche, forza delle donne, fragilità ed egoismi degli uomini.
Apprezzabile poi la scelta del punto di vista femminile, lo sforzo di mettere al centro della scena un bel personaggio come quello di Mimì, ma è una sfida difficile che non viene vinta fino in fondo: Mimì ragazza è sicuramente più poetica e azzeccata, Mimì donna invece ha un che di artificioso, si sente il lavoro di mettere nel personaggio i simboli, si perde la verità.
C’è un altro aspetto che non convince: il racconto non è fluido, procede per immagini, celebrazioni di paesaggi e piccoli episodi (a volte quasi folklore paesano); l’idea che si fa il lettore è che nella composizione del romanzo si sia fatto un puzzle di varie suggestioni che prese una alla volta sono ottime prove d’autore ma nell’insieme restano slegate, non raggiungono quella armonia necessaria per parlare di “romanzo” più che di esercizio narrativo.
Sullo stile poi: la metafora è noiosa e la lingua, barocca per scelta campanilistica, resta comunque barocca nel senso peggiorativo del termine.