martedì 8 settembre 2009

trasfigurazione al mussotto

Mi trovo in un paese del cuneese ed è domenica.
Da un frammento di conversazione altrui colto al volo vengo a sapere che un paio di mesi fa è stata inaugurata una nuova chiesa, chiesa nel senso di muri, spazio, altare e sedie.
Non è una chiesa qualunque. Intanto pare che sia una costruzione molto moderna e innovativa nella distribuzione degli spazi, nella forma, nel dialogo scenico fra altare e assemblea.
Poi so che la persona che presiede alla celebrazione non è un uomo qualsiasi.
Anni fa era parroco qui vicino e io tradivo apposta la parrocchia dei parenti per andare ad ascoltarlo.
Mi ricordo molto bene che mi sarei trasferita a vivere qui solo per poter essere una sua parrocchiana e poterlo aiutare in quella sobria, ordinata, ma radicale sequenza di iniziative e di scelte simboliche che aveva fatto e che lo rendevano una persona carismatica, di fronte al quale riesci a capire che cosa possa voler dire l’irresistibilità del richiamo evangelico: seguimi!
Ci vado.
La chiesa si chiama Trasfigurazione e richiama la forma di una tenda. E’ bianca e luminosa, ha il soffitto a spicchi scomposti che lasciano penetrare larghe pugnalate di sole.
Non ci sono inginocchiatoi ma sedie stilizzate disposte a file di semiellisse intorno a uno spazio centrale allungato come un pesce, dove il posto per leggere e il posto per sedersi e l’altare per l’Elevazione, occupano posti che si fronteggiano e non si può più dire quale sia il dietro e il davanti e il centro.
Chitarre elettriche post conciliari.
Parole scarne ma radicatissime nel quotidiano.
Clima di festa.
Piantiamo tre tende... e non andiamo più via.
Penso alle mie chiese milanesi polverose, buie, con preti antichi sempre più minacciosi e parrocchiani pensionati che raccolgono firme all’esterno per la messa in latino: ho capito! E’ semplicemente un’altra religione!

venerdì 4 settembre 2009

banalità

Ogni tanto succede che qualcuno dica una cosa banale, eppure quella cosa banale ti arriva allo stomaco e proprio quella sua banalità ti lascia senza fiato, per il solo fatto che ti sei dimenticato di una banalità; così questa battuta di Benigni a proposito degli ignavia, che la vita è una sola e che orrendo spreco sia lasciarsela passare addosso senza viversela e viversela anche e soprattutto partecipando e cioè SCEGLIENDO.