martedì 5 aprile 2011

bambini bonsai, paolo zanotti

Tutti siamo stati bambini e tutti, di facciata, abbiamo la necessità di credere agli stereotipi zuccherosi color pastello, ma sappiamo bene che ogni tentativo di definizione e racconto dell’infanzia è parziale, oppure manipolatorio, troppo mediato da riflessioni successive, frutto di proiezioni postume, alla fine lievemente fastidioso.
Nessun fastidio invece ho provato a leggere Bambini bonsai, romanzo di difficile definizione. Fantascienza apocalittica: il mar Ligure è ridotto a una putrefatta discarica oleosa; l’ecosistema, non si sa bene come, si regge senza più fauna; gli umani si inventano una esistenza aggrappata “aggiunta” su “aggiunta” a simulacri architettonici senza più significato; il clima impazzito rovescia sulle città pioggia violenta che costringe gli adulti al letargo e spalanca invece ai bambini una parentesi di gioco e anarchia, avventura e sogno.
Durante una di queste parentesi Pepe esce sotto la pioggia e vive strane, bizzarre, magiche avventure di formazione e poesia, di dolore e amicizia: la trama è imprevedibile e astrusa e insieme meravigliosa come un gioco di bambino lasciato a se stesso che va appoggiando ad ogni invenzione una invenzione ancora più bizzarra e surreale, incongruente e vitale, così, proprio come quei sentieri del mago di oz che mi si dipanavano sotto i piedi fra le coperte di bambina.
Per quanto sia automatico cercarsi metafore e significati pedagogici e edificanti, il messaggio resta in secondo piano rispetto alla libertà della fantasia e agli echi cupi di ogni fiaba del mondo e di tutti i tempi che sembrano rincorrersi pagina dopo pagina.
Bellissimo.

Nessun commento: