lunedì 24 dicembre 2007

avoledo, Tre sono le cose misteriose

Un nobile intento di fondo (d’altra parte stiamo condannando il Mostro, un capo di stato portato sui banchi di un tribunale internazionale per genocidio e efferatezze varie); una scrittura asciutta e capace di suspense (anche quando la suspense alla fine non si scioglie); idea narrativa interessante per cui la storia e la politica sono raccontati ed evocati e insomma sono lo sfondo sfocato, mentre in primo piano ci sono i rapporti familiari, il bambino soprattutto, le paure, gli incubi, i ricordi personali, i dolori e gli orrori nascosti dentro le immagini intime del passato; una eco mcewaniana, secondo me, molto evidente, soprattutto nello svolgersi lentissimo e preciso nei dettagli di alcuni momenti: la visita all’ipermercato, la gita sul lago, la notte passata sul videogioco.
Allora che cosa non mi è piaciuto? Forse che tutto è pervaso da una forte affascinazione nei confronti della materia trattata, questo maneggio di “cose da uomini”: computer, giochi di guerra, fatti di guerra tramandati da padre a figlio, da suocero a genero, robe da eroi solitari...
Una donna è una moglie lontana, amatissima per carità come no, ma chissà perché incapace di comprendere che suo marito sta facendo la storia e capricciosamente va a passare le sue serate solitarie da un gay un po’ macchiettistico; un’altra donna sarebbe in realtà una guardia del corpo e quindi accolta nel meraviglioso universo dei maschi duri e puri che disinfettano il mondo dagli orrori ma, guarda caso, appena resta sola con l’eroe, gli si offre fisicamente; la terza donna è una domestica a metà strada tra una invasata e una imbecille.
Ecco, più che approfondimento psicologico dei personaggi, mi sembra che qui ci sia l’approfondimento di un solo personaggio, con una decina di figurine che gli girano intorno fatte a sua misura, incapaci insomma di costituire un vero contraddittorio.

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