mercoledì 20 maggio 2009

Scurati, Il bambino che sognava la fine del mondo

Il bambino che sognava la fine del mondo mi arriva fra le mani da una persona che me lo presta in cambio del fatto che io gli avevo prestato a suo tempo Una storia romantica.
Sono i fili sottili, i piccoli rapporti evanescenti eppure importanti o che i libri riescono a creare fra le persone.
E leggo questo libro dopo aver seguito una polemica accesa su Nazione Indiana da un articolo piuttosto critico, anzi quasi malevolo nei confronti di Scurati.
Mi sembra soprattutto gli si rimproverasse l’autofiction, il troppo raccontare di sé facendo finta di fare una cronaca dei “tempi moderni” , la pretesa di asserire l’esistenza del Male moraleggiando pur essendo lui stesso tutto impastoiato e corrotto dallo stesso mondo che decide di fustigare.
Io rimango sempre un po’ perplessa quando si contesta a uno scrittore l’autobiografismo, che invece a me sembra normale; o quando gli si contesta l’egocentrismo che invece a me sembra presupposto indispensabile al fatto stesso di scrivere.
Se una cosa mi ha deluso del libro è semmai il troppo poco, avrei preferito una trama un po’ più articolata. Scurati mette in campo un po’ di tutto, dalla orrenda cronaca all’orrenda televisione, passando per gli orrendi costumi sociali, ma lascia che tutto si affretti verso un finale edificante. Così è vero che invece dei tanti personaggi che avrebbe potuto delineare con maggiore accuratezza, resta a dominare il campo solo il percorso interiore del professore narrante. Però non è detto che sia una scelta sbagliata. I fatti cui si fa riferimento sono talmente angoscianti e insieme malvagiamente attraenti, che la scelta di visionarli per come scavano nella psicologia di chi vi assiste piuttosto che come cronaca poliziesca rappresenta una lettura significativa.
Il resto è lui: un miscuglio elegante, a tratti ampolloso, di riferimenti concreti e di citazioni, attraverso la lente di un se stesso sincero.
A me questa sincerità piace molto.

1 commento:

Castalia ha detto...

Io l'ho trovato semplicistico, pretenzioso e noioso.