mercoledì 27 maggio 2009

cesaroni

Ho fatto questa cosa inconfessabile e la confesso per svergognarmi definitivamente.
Ho guardato l’ultima puntata dei cesaroni... ebbene, era una sera milanese di caldo leggendario, stremata sul divano caldo caldo, talmente caldo da non riuscire più a reagire e sfuggire all’abbraccio dello stoffone che lo ricopre.
Non vale neanche la pena di esprimere giudizi sui cesaroni; si tratta di una “cosa” che ha raccolto il testimone dal medico in famiglia, prima che quest’ultima fiction (perso Giulio Scarpati) se ne partisse per una deriva assurda. Entrambe appartengono alla categoria dell’intrattenimento semplice alla portata di bambini piccoli e ultra anziani, mondi ideali dove gli adulti sono un po’ tontoloni ma buoni e onesti, gli adolescenti sono di una saggezza infinitamente superiore a quella dei loro genitori, i bambini sono praticamente dei disegni, gli anziani sono fondamentali e rispettatissimi, intere e numerose famiglie campano alla grande in villette magnifiche con un solo stipendio, i comportamenti sessuali e la struttura sociale sono di un progressismo zapateriano in forte contrasto con l’etica spacciata per buona dai tg: insomma un mondo che non esiste si propone come modello zuccheroso dove “è l’amore che vince” e, manco a dirlo, raccoglie audience senza problemi, dato che anche io sono stata lì fino a quasi mezzanotte a chiedermi come avrebbero fatto gli sceneggiatori a rimettere insieme Eva e Marco, tenuto conto che la situazione a pochi minuti dalla fine appariva veramente senza uscita. Ma ci sono i vecchi appigli da tipico feuilleton: il padre presunto non è il padre vero, le doglie che arrivano a salvare dal fatidico e non desiderato si, insomma, l’uso della genitalità femminile come strumento narrativo delle nostre esistenze con questa terribile ambivalenza: costruire ma soffrire, amare ma ingannare, donare ma tradire.
Difenderei a spada tratta il primo medico in famiglia per un motivo biografico: io e i miei figli piccoli seduti insieme a guardarlo e c’era un protagonista di riferimento per tutti. Adesso loro sono nella loro stanza davanti a you tube a guardarsi i vecchi filmati della Gialappa’s dei tempi d’oro.
A me restano i cesaroni e Elena Sofia Ricci cui assegno la palma di migliore attrice in tutto il cast. Completamente fuori ruolo il di solito ottimo Max Tortora, costretto a fare l’idiota. Inutile Amendola che recita tutto il tempo con l’aria sotto tono di chi potrebbe fare Shakespeare e sta lì solo per simpatia.
Atroce il personaggio della ragazza Eva, novella zia Alice: scelte e atteggiamenti sentimentalsessuali paranoici e autodistruttivi, perenne smorfietta a metà tra il saggio e il sofferente, movimenti-linguaggio-tono di voce esangui.
Una domanda: ma perché è così vincente il motivo dell’amore similimpossibile per quasi parentela?
Là c’era il tira e molla fra due cognati con di mezzo una moglie/sorella defunta, qua il problemino dell’essere fratelli acquisiti. Una applicazione fino alle estreme conseguenze del “moglie e buoi dei paesi tuoi”?

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