Se non avessi letto Caos calmo di Veronesi, sono sicura che, alla fine del film, mi sarei chiesta di che cavolo parlava. Con tutta la simpatia nei confronti dell’autore, la verità e che sotto sotto penso che le persone di cui parla nel suo romanzo siano insopportabilmente inutili.
Insopportabilmente non per loro colpa, ma per troppa adesione e senso di colpa, ché ad ogni riga finisco per riconoscermi e sentire quindi ugualmente inutile la mia propria esistenza.
Caos calmo (il libro) descriveva una realtà sociale molto simile alla mia, una ritualità di eventi del piccolo esistere nella quale sono immersa anche io. Così la lettura era gradevole, anche perchè, pur in assenza di eventi avvincenti, era ricca invece di pensieri interessanti.
Il film non può tradurre a fondo i pensieri, può suggerire e ottenere che chi ha letto il libro riconosca il passaggio e rifaccia un breve percorso emotivo, ma chi questa lettura non ha fatto? Vede il padre fermo sotto la scuola e, infine, il padre che rimette in moto la macchina sotto richiesta delle figlia e in mezzo un po’ di personaggi con le proprie inutili e borghesi storie, ma la vicenda sembra inesistente, il climax non arriva mai... o meglio il climax nel film è la lunghissima e fin troppo realistica scena di sesso che nel libro mi sembrava avere una importanza decisamente minore.
Insomma il film non rende la complessità del libro e resta solo l’autocelebrazione di chi ha letto il romanzo e simpatizza per il cast (Orlando, Carnelutti, Rorhwacher, una Ferrari di tutto rispetto, un Gassman veramente bellissimo)
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