lunedì 20 ottobre 2008

cambiare

Oggi è stato il mio primo giorno in una direzione centrale nuova, in una attività che non ho mai fatto, con persone sconosciute.
Il palazzo è antico, austero e prestigioso. Bene, se uno deve lavorare in banca almeno che sia una bella sede.
La posizione topografica splendida, il richiamo toponomastico patriottico.
A metà pomeriggio ho avuto una crisi di noia e solitudine e un improvviso senso di perdita: ma che cosa credevo di trovare, in fondo è l’ennesima prigione!
Non so perché, tra l’altro, in questa stanza dove mi hanno momentaneamente parcheggiata faccia così freddo.
Le quattro persone presenti nella stanza parlano poco anche fra loro.
Mi hanno dato qualcosa da fare. Ci ho messo mezzora.
Il resto della giornata è stato eterno.
Avevo degli amici, avevo delle cose da fare che conoscevo bene.
Tutto da rifare.
Così stanca, così vecchia. Non ne valeva la pena.
Eppure questo posto è il risultato di una mia vittoria personale.
Forse fra poche settimane andrà tutto benissimo, mi ripeto incazzandomi con la mia debolezza.
Ogni tanto penso ai colleghi che ho lasciato venerdì, li penso come una massa indistinta. Terribile! Se proprio decido di focalizzarmi con più precisione su uno di loro mi vengono in mente gli ultimi due, quelli che sono arrivati in ufficio solo da pochi mesi. Sulle persone che conosco da venti anni è all’improvviso calata una lontana indifferenza.
Non vedo l’ora di tornare a casa.

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