lunedì 22 ottobre 2007

le vergini suicide, eugenides

Le vergini suicide è uno dei libri più belli e più veri che abbia mai letto sull’adolescenza.
Fuori dal contorno della realtà il contenuto sostanziale di ciò che accade: un primo incomprensibile suicidio di una tredicenne, un progressivo isolamento e irrigidimento bigotto dei genitori che culmina con la vera e propria prigionia delle 4 sorelle superstiti e, infine, il suicidio collettivo delle quattro ragazze.
Un racconto fantastico e insieme una descrizione di un ambiente sociale.
Per quanto la breve vicenda terrena di queste fanciulle semidee sfumi nella mitologia, il campo è invaso dai dettagli più quotidiani e prosaici: i loro indumenti intimi, i loro piccoli oggetti nel bagno, i loro aliti, il loro sudore, la lista della spesa, una atmosfera intrisa di sensualità puzzolente, di adolescenti accaldati e dai modi grossolani, di femminilità inquietante, di maschi che spiano femmine che si lasciano spiare in un gioco eterno e vitale, di femmine e maschi che crescono nei corpi e nello spirito e sognano cose diverse, ma destinate per magia a incastrarsi attraverso felicità brevissime e sofferenze lunghe e addomesticate.
Condanna della superficialità benpensante e della rigida applicazione di regole rigide e vuote dell’educazione perbenista? Inno dolente alla vita e alla individualità libera? Forse anche.
Il racconto avviene mediante un tentativo di ricostruzione degli eventi da parte di un gruppo di maschi adolescenti: un unico lungo flashback raccontato da un coro, come una tragedia greca.
Chi ha ucciso le sorelle Lisbon?
Patetico da parte delle brave persone che costituiscono la brava middle class, in un’imprecisata provincia americana, tentare una risposta basandosi su analisi sociologiche e luoghi comuni sulla gioventù.
Stranamente l’io narrante collettivo non esprime mai nei confronti dei comportamenti irrazionali e oppressivi dei genitori Lisbon una aperta condanna; più che carnefici essi appaiono vittime di se stessi, pietrificati in un ruolo convenzionale al quale ciecamente si sono abbandonati; magnifica poi la descrizione lenta, precisa del progressivo disfacimento materiale della casa dei Lisbon, il buio oltre le finestre, l’erbaccia, l’odore di marcio che sembra diffondersi nell'aria intorno all'abitazione, mentre il nucleo familiare si chiude sempre più al rischio tumultuoso e sensuale della vita.
Chi o che cosa ha ucciso allora le sorelle Lisbon? Mentre leggi ti accorgi che è come se nel tuo profondo conoscessi perfettamente la risposta.
Quando ti mordi le labbra e chini il capo e ti conformi a quello che i tuoi 40 anni vogliono da te... ti ricordi perfettamente di quando anche tu ti sei suicidata, più o meno venti anni fa. Perché quello che sappiamo è che non ci importa se le ragazze siano morte o semplicemente siano diventate le adulte che la vita vuole che diventino.
E’ così che muoiono gli adolescenti: uccisi dalla vita che avanza.


“... non ha vent’anni ancora, cadrà l'inverno anche sopra il suo viso, potrete impiccarlo allora... “Fabrizio De Andrè, Geordie

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Non ho letto il libro, ma ho visto il film e ne sono rimasto molto colpito. Da quello che dici credo sia abbastanza fedele al testo. Sempre su violenza ed adolescenti, anche se in un altro modo e con altri argomenti, io sono stato letteramente rapito dagli "Amabili resti" della Sebold. Sconvolgente, sul serio.

ilse ha detto...

ti ringrazio della segnalazione; mi procuro senz'altro il libro

Anonimo ha detto...

You write very well.