venerdì 15 giugno 2007

Leggere Leggere Lolita a Teheran a Milano

Questo mi spiazza: che i simboli di femminilità da me mai desiderati, quasi disprezzati come segno di inutile vanità e esposizione degradante di se stesse, qui invece mi appaiano come simbolo positivo.
Per me sono liberi e a portata di mano; anzi sono parte integrante di quella che mi appare la follia collettiva delle donne di farsi bambolotte per vendere: rifiutarli è il vero gesto di libertà.
In questo racconto doloroso mi accorgo che anche un colore più vivace di un calzino diventa reato.
Allora lo smalto che io non metto, il rossetto che non uso sono da difendere, da invocare? Sono davvero il simbolo della mia possibilità di decidere di me stessa?
Libertà di smalto e libertà di lettura.
Perché, ho chiesto, secondo te, se la sono presa così tanto con le donne?
Perché una donna giovane è desiderabile e ha un potere forte di cui hanno paura e che vogliono neutralizzare, uno mi ha risposto.
Un altro invece ha detto che non c’è un vero motivo, che tutte le rivoluzioni nascono da uno spunto sacrosanto; poi finisce che, dopo la prima fase, il potere vero resta in mano ai peggiori, e questi, senza neanche sapere veramente perché, prendono una frase, un dogma qualunque e ne fanno legge sacra, per il puro gusto di esercitare controllo e fare del terrore.
Non lo so chi ha ragione.
Ho solo paura che questo o qualcosa di simile possa accadere in ogni momento, anche qui.
E ho deciso di comprare più libri.
E mettermi il rossetto.



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recensione di Citati

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