venerdì 30 aprile 2010

Esco a fare due passi di Fabio Volo

Leggere un libro di Fabio Volo. Come mi è saltato in mente? Mia figlia l’ha messo nell’elenco dei desiderata e c’è un patto antico fra me e loro: posso avere ragioni per negare vestiti e sprechi vari ma i libri no, non posso proprio negarli.
Quindi acquisto Esco a fare due passi e, casualmente, mi ritrovo sul tram senza altro da leggere che quello.
Così lo comincio con un po’ di puzza sotto il naso, salticchio, leggicchio, annuso, inorridisco.
Accade così che finisci per leggerne un bel po’, perché siccome avresti molto da criticare, vai avanti per avere più sostanza sulla quale fondare la critica, così il gioco è leggere e inorridire, leggere e inorridire, e finisci per chiederti se non sia proprio quello il trucco: scrivere una cosa che o piaccia molto o che disturbi molto.
Purché se ne parli.
Volo scrive il suo diario ruffiano, si rimprovera ogni dieci pagine di essere un immaturo, ma mentre lo fa di fatto si celebra, di fatto compiange chi delle grane dell’età adulta si è invece caricato le spalle.
Finge il giochino del buono un po’ vittima delle donne, ma di fatto parla delle stesse in maniera feroce.
Infarcisce il racconto di masturbazione e sogni eroticofallocratici: non penserà mica di avere qualcosa da insegnarci? E allora che ne parliamo a fare, ancora, sempre delle stesse cose, buone quando avevamo 15 anni e che adesso ci hanno veramente annoiato? Ah già, lui forse parla proprio ai 15enni. Beh allora mi fa maggiormente arrabbiare.
Veramente! Ma chi si crede di essere per fare il santone del nulla?

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