C’è questo film colombiano. C’è questa bellissima ragazza. Bellissima.
C’è questo quadro di miseria collettiva. C’è un ragazzo che non sa o non vuole salire sul tetto. C’è un bambino che deve nascere. C’è Maria, archetipo della donna incinta alla ricerca della stalla e il figlio non è figlio di nessuno o forse è figlio dell’intera umanità e a Maria spetta il compito di farlo nascere.
C’è questa storia delle donne che ingoiano le capsule di cocaina e rischiano morte e galera, andata e ritorno da New York.
C’è il mito dell’emigrazione.
C’è che il film finisce bene e allora qualcuno dice che è un documentario didascalico.
Ma io non sono sicura che finisca bene. Finisce con una sfida aperta perché avere un bambino da far nascere crea una forza e questa forza risulta incomprensibile a te stessa in qualunque altro momento della vita.
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