Andrea è entrato riempendo il vano della porta, inghiottendo in un passo l’aria dell’ufficio piccolissimo, senza saper dove mettere le mani troppo grosse, tirando su i calzoni di un brevissimo tratto, quanto basta a farli immediatamente ricadere sotto la curva della pancia. Non mi ricordo se stavo leggendo su internet qualche bieca novità politica, o semplicemente cancellando nervosamente lo spamming dalle mie inutili tre/quattro caselle di posta elettronica. Si è lasciato cadere sulla sedia di fronte e ha detto: - non ne posso più -.
Sorrido e mi pervade una insana soddisfazione a sentire il prevedibile seguito: - non potremmo andarcene in un ufficio insieme io e te? -
- Chi ha litigato con chi questa volta? - gli chiedo.
Scuote la testa arrendendosi all’incapacità di definire in maniera precisa i contorni delle mutevoli diplomazie bellicose che si intrecciano nella sua stanza, una porta più in là, dove Andrea convive quotidianamente con cinque post quarantenni e una trentenne in naftalina.
Poi fa il gesto tipico delle quattro dita della mano che si aprono e si richiudono contro il pollice a simulare un cicaleccio: - è tutto un cici, cici, cici – e io annuisco perché lo so che è sempre questa contro quella e poi viceversa e poi quest’altra contro la tale e un incrocio di sguardi malevoli e frasette bisbigliate che avvelenano i giorni. E quel cici, cici, cici con la manina è l’immagine più immediata e calzante.
Mi vergogno dei pensieri che si articolano ordinati; il numero uno è “donne, porcamiseria, come si fa a negare questa evidenza dolorosa, che 5/6 donne insieme in una stanza non fanno una squadra e neanche un consolante gineceo, bensì un covo di vipere in reciproco sospetto e in perenne stato di lamentela pigolosa e urticante?”; il numero due è “ah, ah, ah, il povero ometto di turno viene da me perché mi vede diversa quindi io sono migliore di quel pollaio, sono un po’ mascolina o sono solo una persona meno stupida?”; poi si accavalla il pensiero numero tre: “quanto sono perfida, dovrei mettere alla porta Andrea e solidarizzare con le altre donne perché è così, dividendoci, mettendoci in competizione e facendoci sentire a turno migliori delle altre, che ci ingannano e ci schiacciano”; il pensiero numero quattro è: “siamo matti? le odio anche io, sono insopportabili galline, la verità va affrontata per quello che è”; e il pensiero numero cinque è: “cici, cici, cici.....”
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