martedì 28 agosto 2007

Il “brio” di Jonathan Coe

La famiglia Winshaw, se cominci a leggerlo per caso senza sapere nulla di più del suo autore se non che è un tuo quasi coetaneo inglese, davvero ti sorprende.
Ha una prosa chiara e rotonda; è buffo ma non strampalato; è molto ironico ma non ridanciano; ha una grazia malinconica ma invece di deprimere ti tiene sveglio; è costruito sapientemente in maniera non lineare, per intersecazioni continue di personaggi e date e rimandi culturalpop e avvenimenti storici veri o presunti; contiene amor patrio e amore per il cinema; si immerge nel gotico horror con una tale leggerezza che quasi quasi prendi le parti dell’omicida.
Non è un libello sociopolitico ma, con qualche risatina a denti stretti, ti accorgi che sta semplicemente raccontando il modello di mondo nato negli anni ottanta e ormai nostro.
Come raccontare la drammaticità del contemporaneo e molto del proprio quotidiano, delle passioni, dei sogni e persino dell’infanzia, senza parlarsi addosso.

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