venerdì 27 luglio 2007

da non spedire

Cara Margherita,
che ti rispondo a fare? Mi mandi puntuale queste tue cartoline saluto, questi tuoi auguri implacabili: Natale-compleanno-Pasqua-onomastico. Perché lo fai? Sai che mi metti malinconia? Mi immagino tutto il tempo che hai, tutto quel tempo sprecato a fermarsi in una cartoleria e scegliere e comprare un cartoncino colorato in tema con l’augurio da fare, tornare a casa, trovare un angolo di tavolo pulito, sgombro da briciole e compiti e fotocopie e avanzi di ogni cosa che a casa mia riempiono gli spazi orizzontali sempre a dispetto dei miei tentativi di riordino, ma tu avrai innumerevoli spazi orizzontali puliti e sgombri e spolverati tutti i giorni; tu ti siedi e scrivi, con una bella calligrafia rotonda del liceo di una volta; e trovi anche qualcosa da scrivere nella tua esistenza che immagino uguale e tranquilla: riesci a riempire due pagine fitte; invece io non saprei da dove cominciare, non ho tempo per piangere a volte tanto le giornate, le settimane si accavallano, eppure non trovo, in questo caos, qualcosa che valga la pena dirti.
Tu ti ostini a scrivermi, puntuale e cocciuta, con aria di rimprovero, serena e gentile, invii un breve resoconto di qualche acciacco e un rapido riepilogo delle vite degli altri.
E poi trovi il tempo di incollare la busta e recarti da qualche tabaccaio, comprare un francobollo e incollarlo. Cercare con gli occhi sul marciapiede la buca rossa e scommetto che indugi un momento a decidere se la fessura giusta da Bari a Milano sia quella di destra o quella di sinistra.
E mentre tu organizzi questo evento speciale milioni di parole inutili, miliardi di frasi saluti insulti richieste si tramutano in messaggi di posta elettronica istantanea per altrettanti milioni di persone.
Invece tu mi scrivi con un gesto lento e antico come se, faccio fatica a dirlo a pensarlo a capirlo, venti anni ormai, venti anni, non fossero passati da quando si stava insieme nel pensionato universitario, da quando le nostre vite sono diventate diverse e non si sono più incrociate.
Anche questa volta non avrai risposta. Mi sentirò ridicola a elencarti le pagelle, i tornei, i centimetri che crescono sul muro misurati stagione dopo stagione, la riunione di condominio, le rughe nuove che mi leggo nello schermo del computer dell’ufficio.
Avrei da raccontarti altre storie. Ma sono sicura che non vuoi ascoltarle.

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