Dice Luigi che nessuno usa il semplice “o” piuttosto che il semplice “oppure”; anzi, esagera Luigi e dice che il nostro parlare è tutto una serie di “piuttosto che”, uno in fila all’altro con qualche altra parolina in secondo piano. E insiste a dire che il significato vero di “piuttosto che” è un altro, che non è un vero sostituto di “oppure”.
Chissà come fanno queste espressioni a diventare prima comuni, poi troppo diffuse e infine insopportabili senza che noi ci accorgiamo del loro strisciare segreto nelle nostre conversazioni.
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