Perché mi è così piaciuta la storia vera delle case di correzione per ragazze "perdute" nell'Irlanda ipercattolica degli anni sessanta?
Lo schema è quello di Qualcuno volò sul nido del cuculo e Le ali della libertà: una situazione di prigionia, di per sé già crudele, aggravata dall’infame accanimento degli aguzzini; una tensione crescente che sfocia in un momento di liberazione finale per uno o due eroi e di perdita definitiva della vita (materiale o ideale) per qualcuna delle altre vittime.
Inutile, credo, ribadire che l’imputato del film non è la chiesa cattolica ma l’abuso di potere che si realizza ogni volta che le condizioni sociali particolari consentono che alcuni possano approfittare dell’ignoranza di molti: insomma non tralasciamo il particolare che le ragazze cosiddette peccatrici stanno lì dentro per volere delle famiglie, dei padri e delle madri, che non c'è nessuna legge che le obblighi, ma solo la bieca morale diffusa, della quale le suore (a loro volta anche un po' vittime) sono solo operatrici finali.
Credo che la mia adesione molto commossa al film sia anche dovuta alle specificità di quello che viene raccontato: sessualità femminile incompresa e manipolata. Per farla breve: che bello, una storia di donne vere; non figurine erotizzate.
Bisogna assolutamente far seguire la visione del film dal documentario, con le testimonianze di alcune donne che quei fatti li hanno vissuti veramente.
Moltissime le scene del film che ti si fissano nella coscienza.
Ne scelgo una, la prima. Lo sguardo della ragazza violentata dal cugino durante una festa di matrimonio che, ingenuamente, si precipita a sussurrarlo alla madre; lo sguardo che progressivamente si trasforma: dapprima è fermo e certo dell’ingiustizia subita, fiducioso; poi lentamente e angosciosamente lo sguardo subisce quello che vede attraverso i balli e la musica, i gesti e le mezze parole del padre e degli adulti maschi che si consultano frettolosamente, il cugino intoccato, gli occhi degli altri che si girano a guardare lei con lieve e crescente preoccupazione e disagio e rifiuto. Scena magnifica!
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