Un grande affresco contemporaneo, ottima lettura per i quarantenni alle prese con la contemplazione desolata e incredula del fallimento di quello che si voleva/poteva/doveva essere e che, nello stesso tempo, cominciano ad essere consapevoli di quanto poco manchi ormai a diventare Alfred e Enid, vecchi, testardi, incarogniti ed egoisti.
A 40 anni, infatti, si è proprio sul limite che ci consente di identificarci da un lato con i tre figli: i patetici giovanilismi di Chip, l’incapacità di Denise di tenere fede alle proprie brillanti premesse, i teatrini matrimoniali di Gary; e dall’altro con il malinconico procedere dei giorni dei loro genitori: Alfred che da padre tiranno si trasforma via via in un demente alle prese con allucinazioni coprofobiche e Enid con i suoi cliché benpensanti, ammuffiti ormai, insieme a tutte le vecchie cose accatastate in cantina.
Brillante stile ormai tipico dei migliori romanzi americani contemporanei: un po' Pastorale americana, un po' Wallace, un po' Altman, un po’ Falò delle vanità e un po’, perché no, Desperate Housewife.
Intelligente, psicologicamente tagliente, socialmente profondo.
Sbilanciato nelle parti narrative: il capitolo su Denise sembra a tratti scritto in preda a un momento di follia; l’avventura lituana di Chip è decontestualizzata e troppo bizzarra. Però la discesa di Alfred all’inferi della demenza senile è ritratta con grande sapienza.
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