Laura Pugno è bravissima. Si intuisce dietro le pagine di Quando verrai una lavorazione delle frase, una limatura, un prosciugamento, una riconduzione all’essenziale che mi ha fatto pensare molto a McCarthy.
Purtroppo Quando verrai è brevissimo, come se gli sviluppi narrativi, gli intrecci, le sfaccettature, le infinite possibilità di dialogo che pure la storia portava in sé, abbiano fatto un po’ schifo all’autrice che ha preferito accennare, non spiegare, far finire in fretta, bypassare il quotidiano e illuminare per un solo breve istante il nocciolo oscuro dell’esistenza dei suoi evanescenti personaggi.
Mi sembra un cammino di perfezionamento tale da finire nella sterilità. La storia sembra volersi mescolare con la polvere, il sangue, la melma del quotidiano (ché è storia di emarginati e poveri); ma la sapienza narrativa stilizza e trasfigura e approda a freddezza.
Nonostante questo Laura Pugno resta una straordinaria narratrice e Sirene era veramente notevole per capacità di invenzione e stile. Ha punti e punti da dare ai vari pluripremiati e onnipresenti uomini che riempiono il panorama della narrativa italiana contemporanea. Ma si sa...
... questo libro è ancora più grande. E quando lo avrò finito ne comincerò un altro e quello sarà ancora più grande, e poi un altro ancora, e allora la mia casa si allargherà fino a diventare una magione, piena di stanze dove loro non potranno trovarmi... (Nick Hornby, How to be good)
martedì 30 marzo 2010
lunedì 29 marzo 2010
tra le nuvole
Perché Tra le nuvole ha raccolto così tanti pareri positivi? Io l’ho trovato pieno di promesse nella prima parte, poi rallenta, si impantana fra la festa aziendale e il matrimonio; recupera dignità perché evita l’happy end scontato, ma tutta la pellicola è salva solo grazie a: 1) Clooney che è piacione (ma ha già cominciato un po’ a stufare); 2) i dialoghi e le situazioni brillanti; 3) la gravità del problema dei licenziamenti che prende emotivamente, anche se aspetti tutto il tempo che il regista riesca finalmente a superare la patina di divertimento che ci ha steso sopra e invece questo non accade; 4) l’America piccola piccola tra aerei e foto alla google.maps.
Insomma un’idea carina e una sbrodolata sul valore del matrimonio e degli affetti, una pacca sulla spalla ai disoccupati (almeno hai figli e affetti che ti consolano).
Abbastanza perdibile...
Insomma un’idea carina e una sbrodolata sul valore del matrimonio e degli affetti, una pacca sulla spalla ai disoccupati (almeno hai figli e affetti che ti consolano).
Abbastanza perdibile...
venerdì 26 marzo 2010
troppi paradisi, siti
Romanzo grandissimo. Forse troppo grande.
Lettura spessissima, dolorosa, un po’ schifosa.
Una passerella di subumani.
Anche il pedofilo, terribile!
Un racconto visto attraverso il rapporto con l'altro dove l'altro è un uomo con cui mettere in piedi relazioni omosessuali, finte, affettuose, forzate, passionali, autentiche, prezzolate, more uxorio, viziose, fugaci...
La televisione intrecciata alle vite, come una enorme tenia ramificata nei singoli cervelli.
Il senso delle vite spezzettato in tanti momenti sconnessi fra loro.
Credo che, per assurdo, quello che dovrebbe essere un punto di vista omosessuale è in realtà una immersione totale in un lato oscurissimo del maschile.
Così non riesco a farmi prendere.
Lettura spessissima, dolorosa, un po’ schifosa.
Una passerella di subumani.
Anche il pedofilo, terribile!
Un racconto visto attraverso il rapporto con l'altro dove l'altro è un uomo con cui mettere in piedi relazioni omosessuali, finte, affettuose, forzate, passionali, autentiche, prezzolate, more uxorio, viziose, fugaci...
La televisione intrecciata alle vite, come una enorme tenia ramificata nei singoli cervelli.
Il senso delle vite spezzettato in tanti momenti sconnessi fra loro.
Credo che, per assurdo, quello che dovrebbe essere un punto di vista omosessuale è in realtà una immersione totale in un lato oscurissimo del maschile.
Così non riesco a farmi prendere.
lunedì 22 marzo 2010
The reader, il film
The Reader è costruito con dei salti storici dagli anni cinquanta in poi, decennio dopo decennio, con una ricostruzione degli ambienti e dei vestiti e delle atmosfere. Inoltre ha, in contrasto con la drammaticità del tema proposto, una messinscena pacata, mai urlata, molto dignitosa, oserei dire un po’ snob. Questi due elementi insieme producono secondo me un risultato piuttosto affascinante.
Altro elemento di forza del film è la novità dell’angolatura per cui si entra in un tema terribile come lo sterminio nazista degli ebrei da una storia laterale, intimista.
In questo credo che il regista abbia avuto successo: facendoci passare attraverso un lungo prologo complice di sesso e sentimento adolescenziale e meravigliosi esterni di “ragazzi in costume da bagno nel sole anni cinquanta” ci lascia un po’ spiazzati quando nella seconda parte del film entrano in scena i campi di sterminio e ci costringe a considerare la figura della protagonista con un pochino di pietas. Voglio dire che il film riesce a riprodurre un minimo di complessità, insinua il dubbio e un suggerimento di analisi sulle ragioni che possano aver prodotto la complicità di una intera nazione all’orrore.
E’ comunque una pietas molto temporanea, ché anzi, alla luce di quello che si viene a sapere nella seconda parte, anche ciò che è avvenuto nella prima si carica di una luce sinistra e per il personaggio femminile resta una definitiva parola di condanna.
A partire dal titolo, i libri dovrebbero avere un ruolo fondamentale, anzi forse salvifico. Eppure il salvataggio non si compie. E’ come se obbligare il ragazzo a leggere fosse per Hanna una specie di gioco masochista, che non produce nulla nell’anima. Anche quando la lettura avverrà tramite le audiocassette questo sarà mezzo materiale e di superficie per imparare a leggere e scrivere, non per modificarsi nel cuore. Devo poi aggiungere che l’aver inserito il prologo dell’Odissea fra i brani ricorrenti, mi ha fatto immediatamente pensare a Primo Levi e al meraviglioso capitolo sul Canto XXVI dell’Inferno, quindi mi è sembrata quasi una bestemmia.
D’altra parte con i libri Hanna si suicida. Forse che invece di salvarla, la conoscenza è servita alla consapevolezza dell’enormità della colpa?
Una curiosità alla fine: la signora ebrea, ex bambina scampata ai lager e prima testimone d’accusa contro Hanna, è molto antipatica, scostante, immersa in una atmosfera di ultra lusso nella quale la foto in bianco e nero della famiglia sterminata sembra addirittura fuori posto, una specie di soprammobile d’antan. Un errore stilistico o una scelta?
Altro elemento di forza del film è la novità dell’angolatura per cui si entra in un tema terribile come lo sterminio nazista degli ebrei da una storia laterale, intimista.
In questo credo che il regista abbia avuto successo: facendoci passare attraverso un lungo prologo complice di sesso e sentimento adolescenziale e meravigliosi esterni di “ragazzi in costume da bagno nel sole anni cinquanta” ci lascia un po’ spiazzati quando nella seconda parte del film entrano in scena i campi di sterminio e ci costringe a considerare la figura della protagonista con un pochino di pietas. Voglio dire che il film riesce a riprodurre un minimo di complessità, insinua il dubbio e un suggerimento di analisi sulle ragioni che possano aver prodotto la complicità di una intera nazione all’orrore.
E’ comunque una pietas molto temporanea, ché anzi, alla luce di quello che si viene a sapere nella seconda parte, anche ciò che è avvenuto nella prima si carica di una luce sinistra e per il personaggio femminile resta una definitiva parola di condanna.
A partire dal titolo, i libri dovrebbero avere un ruolo fondamentale, anzi forse salvifico. Eppure il salvataggio non si compie. E’ come se obbligare il ragazzo a leggere fosse per Hanna una specie di gioco masochista, che non produce nulla nell’anima. Anche quando la lettura avverrà tramite le audiocassette questo sarà mezzo materiale e di superficie per imparare a leggere e scrivere, non per modificarsi nel cuore. Devo poi aggiungere che l’aver inserito il prologo dell’Odissea fra i brani ricorrenti, mi ha fatto immediatamente pensare a Primo Levi e al meraviglioso capitolo sul Canto XXVI dell’Inferno, quindi mi è sembrata quasi una bestemmia.
D’altra parte con i libri Hanna si suicida. Forse che invece di salvarla, la conoscenza è servita alla consapevolezza dell’enormità della colpa?
Una curiosità alla fine: la signora ebrea, ex bambina scampata ai lager e prima testimone d’accusa contro Hanna, è molto antipatica, scostante, immersa in una atmosfera di ultra lusso nella quale la foto in bianco e nero della famiglia sterminata sembra addirittura fuori posto, una specie di soprammobile d’antan. Un errore stilistico o una scelta?
venerdì 19 marzo 2010
guida ?????
In libreria alla presentazione di un libro per le donne. Una iniziativa editoriale molto interessante da parte di una rivista bellissima, veramente bellissima, che era cartacea e adesso si è trasferita sul web senza perdere smalto, anzi! Il libro si chiama “Guida al corpo delle donne” ed è una specie di agile glossario, scritto a quattro mani dal professor Flamigni e da Margherita Granbassi, editore Giudizio Universale. Tutto molto positivo e voglio proprio fare pubblicità all’iniziativa in sé, però da quella libreria sono uscita un po’ amareggiata, anzi no, sinceramente un po’ incavolata.
Il pubblico non era numeroso e comprendeva soprattutto due gruppi femminili: a) donne piuttosto anziane, molto serie, sole e distribuite dalla terza fila di sedie in poi, secondo me interessate davvero, magari femministe e, come me, credo un po’ deluse; b) ragazze giovani, soprattutto in prima fila, forse dipendenti della libreria, forse seguaci di qualcuno di quelli che parlavano o che contavano (uomini insomma), molto ridanciane, cioè pronte a ridere in maniera enfatica alla minima stupida e inconsistente battutina fatta da chi era seduto dietro la cattedra, una risata sforzata come dire: notatemi, ci sono, sorrido, sono gradevole (questo imperativo hanno dentro le ragazze: sorridere compiacenti, come sulla passerella di missitalia o il bancone di striscia).
Il tempo limitato non permetteva interventi polemici, così mi sono tenuta dentro le mie perplessità che provo a riassumere: perché proporre un libro di riflessioni sulle donne a una giovane donna carina, vincente e che fa televisione? Che tipo di valore aggiunto mi porta? E’ come far scrivere un libro sull’impotenza maschile a Rocco Siffredi. Quella giovane donna carina ha per forza di cose un angolo visuale limitato... che ne sa di che cosa voglia dire far fatica a esistere con una propria dignità minima per milioni di donne in un mondo che sottolinea solo bellezza, giovinezza e valenza sessuale? Tra l’altro mentre nel libro ci sono riflessioni più o meno interessanti, dal vivo la Granbassi diceva carinerie scontate, banalità tipo “non sono femminista perché io anzi amo sottolineare le differenze”, insomma mi sono incavolata perché quella brava e simpatica e carina ragazza non aveva proprio nulla da dirmi e, anzi, averla messa in quella posizione era una forte contraddizione interna al voler parlare del corpo di TUTTE le donne.
Il professor Flamigni invece ha detto alcune cose interessanti che avrei ascoltato per ore ma non c’era tempo e si è distinto per grande intelligenza quando sul finire il moderatore gli ha chiesto il nome di una donna conosciuta che fosse da additare come esempio: ha detto Margherita Hack. Perplessità divertita dello stesso moderatore e risatine. In pratica al professor Flamigni è stata mossa la seguente osservazione: ma io ho chiesto un esempio di femminilità, la Hack, per carità tutto il rispetto per l’intelligenza, ma come donna...
Ora, ci rendiamo conto di quanto è perversa questa riflessione? La Hack non può essere additata come esempio di femminilità perché non è giovane, non è bella, è un po’ sciatta, ha il vocione e non fa le moine. Cioè femminilità vuol dire bellezza, moine e desiderabilità sessuale. Stop. E questo a un tavolo di persone colte che erano lì per fare una operazione intellettuale pro donne.
La Granbassi ha fatto la sua ruffianata citando invece Madre Teresa di Calcutta: brutta ma suora, ecco qua, tutte le categorie maschiorassicuranti al posto giusto. Giuro: volevo alzarmi in piedi sulla sedia e gridare W Simona Ventura.
Il pubblico non era numeroso e comprendeva soprattutto due gruppi femminili: a) donne piuttosto anziane, molto serie, sole e distribuite dalla terza fila di sedie in poi, secondo me interessate davvero, magari femministe e, come me, credo un po’ deluse; b) ragazze giovani, soprattutto in prima fila, forse dipendenti della libreria, forse seguaci di qualcuno di quelli che parlavano o che contavano (uomini insomma), molto ridanciane, cioè pronte a ridere in maniera enfatica alla minima stupida e inconsistente battutina fatta da chi era seduto dietro la cattedra, una risata sforzata come dire: notatemi, ci sono, sorrido, sono gradevole (questo imperativo hanno dentro le ragazze: sorridere compiacenti, come sulla passerella di missitalia o il bancone di striscia).
Il tempo limitato non permetteva interventi polemici, così mi sono tenuta dentro le mie perplessità che provo a riassumere: perché proporre un libro di riflessioni sulle donne a una giovane donna carina, vincente e che fa televisione? Che tipo di valore aggiunto mi porta? E’ come far scrivere un libro sull’impotenza maschile a Rocco Siffredi. Quella giovane donna carina ha per forza di cose un angolo visuale limitato... che ne sa di che cosa voglia dire far fatica a esistere con una propria dignità minima per milioni di donne in un mondo che sottolinea solo bellezza, giovinezza e valenza sessuale? Tra l’altro mentre nel libro ci sono riflessioni più o meno interessanti, dal vivo la Granbassi diceva carinerie scontate, banalità tipo “non sono femminista perché io anzi amo sottolineare le differenze”, insomma mi sono incavolata perché quella brava e simpatica e carina ragazza non aveva proprio nulla da dirmi e, anzi, averla messa in quella posizione era una forte contraddizione interna al voler parlare del corpo di TUTTE le donne.
Il professor Flamigni invece ha detto alcune cose interessanti che avrei ascoltato per ore ma non c’era tempo e si è distinto per grande intelligenza quando sul finire il moderatore gli ha chiesto il nome di una donna conosciuta che fosse da additare come esempio: ha detto Margherita Hack. Perplessità divertita dello stesso moderatore e risatine. In pratica al professor Flamigni è stata mossa la seguente osservazione: ma io ho chiesto un esempio di femminilità, la Hack, per carità tutto il rispetto per l’intelligenza, ma come donna...
Ora, ci rendiamo conto di quanto è perversa questa riflessione? La Hack non può essere additata come esempio di femminilità perché non è giovane, non è bella, è un po’ sciatta, ha il vocione e non fa le moine. Cioè femminilità vuol dire bellezza, moine e desiderabilità sessuale. Stop. E questo a un tavolo di persone colte che erano lì per fare una operazione intellettuale pro donne.
La Granbassi ha fatto la sua ruffianata citando invece Madre Teresa di Calcutta: brutta ma suora, ecco qua, tutte le categorie maschiorassicuranti al posto giusto. Giuro: volevo alzarmi in piedi sulla sedia e gridare W Simona Ventura.
lunedì 8 marzo 2010
La morte della Pizia di Dürrenmatt
una citazione che vale la lettura di tutto il piccolo libro:
Tutti i tiranni che fondano il loro dominio su grandi princìpi, l’uguaglianza dei cittadini tra loro o l’idea che i beni di ognuno appartengano a tutti, suscitano in coloro sui quali esercitano la loro potestà un sentimento di soggezione incomparabilmente più mortificante di quelli che, anche se assai più ignobili, si accontentano di fare i tiranni, troppo pigri per addurre una qualsiasi giustificazione al proprio comportamento: essendo la loro dittatura lunatica e capricciosa, i sudditi hanno la sensazione di poter godere di una certa libertà. Non si sentono tiranneggiati da una arbitraria necessità che non consente loro speranza alcuna, ma piuttosto da un arbitrio assolutamente casuale che ancora permette qualche speranza.
Tutti i tiranni che fondano il loro dominio su grandi princìpi, l’uguaglianza dei cittadini tra loro o l’idea che i beni di ognuno appartengano a tutti, suscitano in coloro sui quali esercitano la loro potestà un sentimento di soggezione incomparabilmente più mortificante di quelli che, anche se assai più ignobili, si accontentano di fare i tiranni, troppo pigri per addurre una qualsiasi giustificazione al proprio comportamento: essendo la loro dittatura lunatica e capricciosa, i sudditi hanno la sensazione di poter godere di una certa libertà. Non si sentono tiranneggiati da una arbitraria necessità che non consente loro speranza alcuna, ma piuttosto da un arbitrio assolutamente casuale che ancora permette qualche speranza.
sabato 6 marzo 2010
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e me lo avevano detto che era una boiata pazzesca ma mai mi sarei aspettata fino a questo punto; ma possibile? tutto questo strombazzare per l'ennesimo rifacimento del solito copione che neanche la Disney oserebbe più fare!!! ma chi se ne frega degli effetti speciali?
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