Leggere un libro di Fabio Volo. Come mi è saltato in mente? Mia figlia l’ha messo nell’elenco dei desiderata e c’è un patto antico fra me e loro: posso avere ragioni per negare vestiti e sprechi vari ma i libri no, non posso proprio negarli.
Quindi acquisto Esco a fare due passi e, casualmente, mi ritrovo sul tram senza altro da leggere che quello.
Così lo comincio con un po’ di puzza sotto il naso, salticchio, leggicchio, annuso, inorridisco.
Accade così che finisci per leggerne un bel po’, perché siccome avresti molto da criticare, vai avanti per avere più sostanza sulla quale fondare la critica, così il gioco è leggere e inorridire, leggere e inorridire, e finisci per chiederti se non sia proprio quello il trucco: scrivere una cosa che o piaccia molto o che disturbi molto.
Purché se ne parli.
Volo scrive il suo diario ruffiano, si rimprovera ogni dieci pagine di essere un immaturo, ma mentre lo fa di fatto si celebra, di fatto compiange chi delle grane dell’età adulta si è invece caricato le spalle.
Finge il giochino del buono un po’ vittima delle donne, ma di fatto parla delle stesse in maniera feroce.
Infarcisce il racconto di masturbazione e sogni eroticofallocratici: non penserà mica di avere qualcosa da insegnarci? E allora che ne parliamo a fare, ancora, sempre delle stesse cose, buone quando avevamo 15 anni e che adesso ci hanno veramente annoiato? Ah già, lui forse parla proprio ai 15enni. Beh allora mi fa maggiormente arrabbiare.
Veramente! Ma chi si crede di essere per fare il santone del nulla?
... questo libro è ancora più grande. E quando lo avrò finito ne comincerò un altro e quello sarà ancora più grande, e poi un altro ancora, e allora la mia casa si allargherà fino a diventare una magione, piena di stanze dove loro non potranno trovarmi... (Nick Hornby, How to be good)
venerdì 30 aprile 2010
lunedì 19 aprile 2010
intervalli fantozziani a brera
Come NON trascorrere un intervallo pranzo!!!
Sapere che è in corso la cosiddetta Settimana della Cultura e volere approfittare dell’ingresso gratuito alla Pinacoteca di Brera, poiché una misera ora a disposizione non vale la pena del normale biglietto di ingresso pari a 10 euro (evitare di ricordare che l’ingresso a National Gallery è gratuito).
Arrivare in Brera e scoprire che alla Settimana della Cultura va sottratto il lunedì, giorno di chiusura. Oggi, per l’appunto.
Pensare che in fondo c’è il sole e sono nel cuore di un quartierino trendy e quindi decidere per una breve passeggiata. Notare una gelateria chiccosa che propone un gelato “naturale” e pensare che tanto vale fare la chiccosa per una volta, per consolarsi del tempo perso.
Arrivata alla cassa scoprire che un gelato medio “due gusti” costa la bellezza di 3,50 euro: praticamente settemila lire per un cono gelato. Incapace di ribellarsi alla truffa ormai con la banconota in mano, ordinare il cono sentendosi una idiota, caduta nella trappola per cui ogniqualvolta esiste una cosa normale accessibile a tutti, qualcuno si inventa la versione “ecologica” oppure “griffata” oppure “puzzona” ottenendo di farti pagare il triplo: in questo periodo a Milano è la volta del gelato artigianale.
Dovendo scegliere fra una dozzina di gusti tradizionali nell’aspetto, ma con nomi pomposi, pensare che per rimediare agli errori fatti tanto vale buttarsi su una cosa strana per provare un po’ di brivido d’avventura. Scegliere così una cosa biancastra che si chiama “caramello al burro salato”.
Osservare esterrefatta il formarsi di una coda insensata di clienti, poiché la ragazza addetta al banco impiega dieci volte il tempo necessario in quanto bagna di continuo la paletta e raccoglie forme di gelato simili a petali di rosa, componendo sul cono una specie di fiorellone: chiedersi perché la gente stia lì mansueta in fila, avendo strapagato per farlo e sapere contemporaneamente che lo sto facendo anche io.
Ottenuto il cono fra le mani scoprire alla prima leccata che il gusto è orribile, è come mangiare cucchiaiate di burro direttamente dal panetto del frigo di casa; non sapere se sia meglio che si tratti solo di un effetto gusto ottenuto con una essenza (quindi accettare l’idea di una ulteriore truffa) o se sia meglio che abbiano impiegato davvero del burro e quindi essere consapevoli della terribile botta di calorie grasse e foriere di brufoli che si sta ingerendo.
Per non sprecare i 3 euro e 50 mangiare tutto il gelato fino in fondo.
Avvertire per tutto il pomeriggio un senso di disgusto burroso e un discreto mal di stomaco.
Sapere che è in corso la cosiddetta Settimana della Cultura e volere approfittare dell’ingresso gratuito alla Pinacoteca di Brera, poiché una misera ora a disposizione non vale la pena del normale biglietto di ingresso pari a 10 euro (evitare di ricordare che l’ingresso a National Gallery è gratuito).
Arrivare in Brera e scoprire che alla Settimana della Cultura va sottratto il lunedì, giorno di chiusura. Oggi, per l’appunto.
Pensare che in fondo c’è il sole e sono nel cuore di un quartierino trendy e quindi decidere per una breve passeggiata. Notare una gelateria chiccosa che propone un gelato “naturale” e pensare che tanto vale fare la chiccosa per una volta, per consolarsi del tempo perso.
Arrivata alla cassa scoprire che un gelato medio “due gusti” costa la bellezza di 3,50 euro: praticamente settemila lire per un cono gelato. Incapace di ribellarsi alla truffa ormai con la banconota in mano, ordinare il cono sentendosi una idiota, caduta nella trappola per cui ogniqualvolta esiste una cosa normale accessibile a tutti, qualcuno si inventa la versione “ecologica” oppure “griffata” oppure “puzzona” ottenendo di farti pagare il triplo: in questo periodo a Milano è la volta del gelato artigianale.
Dovendo scegliere fra una dozzina di gusti tradizionali nell’aspetto, ma con nomi pomposi, pensare che per rimediare agli errori fatti tanto vale buttarsi su una cosa strana per provare un po’ di brivido d’avventura. Scegliere così una cosa biancastra che si chiama “caramello al burro salato”.
Osservare esterrefatta il formarsi di una coda insensata di clienti, poiché la ragazza addetta al banco impiega dieci volte il tempo necessario in quanto bagna di continuo la paletta e raccoglie forme di gelato simili a petali di rosa, componendo sul cono una specie di fiorellone: chiedersi perché la gente stia lì mansueta in fila, avendo strapagato per farlo e sapere contemporaneamente che lo sto facendo anche io.
Ottenuto il cono fra le mani scoprire alla prima leccata che il gusto è orribile, è come mangiare cucchiaiate di burro direttamente dal panetto del frigo di casa; non sapere se sia meglio che si tratti solo di un effetto gusto ottenuto con una essenza (quindi accettare l’idea di una ulteriore truffa) o se sia meglio che abbiano impiegato davvero del burro e quindi essere consapevoli della terribile botta di calorie grasse e foriere di brufoli che si sta ingerendo.
Per non sprecare i 3 euro e 50 mangiare tutto il gelato fino in fondo.
Avvertire per tutto il pomeriggio un senso di disgusto burroso e un discreto mal di stomaco.
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